AAA Cercasi colpevole

AnnuncioAAA Cercasi colpevole. Reato di passeggiata. No, di tabagismo, perché in tempi come questi non si esce per andare in tabaccheria.

No, è colpa del podista. Anche di coloro che portano fuori il cane. No, di quelli che sono andati due volte al supermercato questa settimana!

Ma non è finita qui perché dopo i runner, è la volta della vendita dei pennarelli vietata da alcuni supermercati per poi approdare alla polemica relativa alle caramelle e dolci che, a detta di alcuni, non sono beni di prima necessità. E allora giù di twitter per criticare chi ha osato indugiare qualche secondo nel reparto dolciumi nella speranza di trovare un qualcosa per allietare le giornate dei piccoli e non. Chissà quale sarà il tema della prossima diatriba.

Comunque, poco importa quale sia il motivo, qui c’è bisogno di un colpevole. Il popolo lo reclama a gran voce. E la politica segue il coro unanime, lo fomenta, e via di lanciafiamme e altre minacce simili.
Ebbene, io credo che scaricare tutta la responsabilità sui cittadini o su coloro che corrono o passeggiano in solitaria sia un modo per trovare un untore, un capro espiatorio, una sorta di arma di distrazione di massa. Concentrarsi solo su questo ci impedisce di pensare a ciò che si sarebbe potuto fare prima del famoso decreto – diffuso erroneamente in anticipo – dando seguito a un esodo di massa verso il sud, quel sud che bisognava proteggere, oltre ai controlli che si sarebbero potuti eseguire su coloro che arrivavano dalla Cina, triangolazioni comprese senza dimenticare l’elemento più importante: gli ingenti tagli alla sanità italiana.

Che vuoi farci, questa è l’attenzione che abbiamo riservato alla salute fino ad oggi. Solo che, una mattina, abbiamo capito che la corsa per salvare l’economia era inutile perché senza la salute l’economia non parte, non riparte. E per la prima volta ci siamo resi conto che dietro l’economia, si nasconde un essere umano e senza di esso si ferma tutto. Per forza.

Qualcuno risponde che questo non è il momento di porsi domande.
Ma allora qual è il momento giusto per interrogarsi?
Di certo non i primi di febbraio quando ci dicevano di abbracciare un cinese per poi cambiare idea, informandoci che, forse, il virus poteva essere un problema.
E così, appena le città si sono svuotate ci hanno sollecitato a non fermarci e far ripartire l’economia perché il “rischio di contagio è basso”. E allora, via con il video di Confcommercio perché l’Italia non si ferma e tutti noi ci siamo sentiti chiamati in causa. Abbiamo anche imparato a lavarci le mani con il tutorial della D’Urso e ci siamo fatti due risate, pensando che ormai ognuno aveva detto la sua, e la vicenda si sarebbe chiusa lì. Ma è durata poco perché alla fine è arrivato lui: il decreto, che il web ha definito come la serie Tv più seguita dagli italiani. Fine della storia.

L’epidemia è iniziata in Cina i primi di gennaio (cronologia completa link Corriere) e noi, per un mese e venti giorni, abbiamo ciondolato e sperato, in attesa che qualcuno di indicasse la via maestra.

Ora, invece risulta grave, i decessi aumentano a vista d’occhio, e anche in questo caso non c’è una direzione precisa. Sì perché mentre si chiudono i parchi e i giardini e si vigila per evitare le fughe degli amanti del week-end, le fabbriche restano aperte, i mezzi di trasporto continuano a funzionare e un esercito silenzioso di persone continua a lavorare nonostante tutto senza contare che non si trovano più mascherine da giorni e coloro che lavorano in gruppo e ne sono sprovvisti.

In sostanza gli Italiani non devono andare nelle seconde casa al mare e in montagna ma possono continuare a entrare in fabbrica e nei magazzini.
Quindi continua l’indecisione, quelle misure prese a metà che hanno caratterizzato gli ultimi tre mesi.

“E ma quello che è stato è stato, adesso bisogna occuparsi di altro”, affermano in tanti.
Eh no, non funziona così. Non si chiude tutto a tarallucci e vino e un bel scurdámmoce ‘o passato.
La confusione nella quale è piombato il Paese è la conseguenza diretta dell’ambiguità delle ultime settimane.
Non si possono lanciare continui messaggi contraddittori e, poi, da un giorno all’altro fornire una risposta completamente diversa e ottenere una comprensione immediata del pericolo.

Zingaretti
Vi ricordo a tal proposito che il 27 febbraio Zingaretti si presentava a Milano all’aperitivo di gruppo anti-panico per poi risultare contagiato.

 

 

ConfcommercioE, sempre a fine febbraio, Confcommercio  condivideva sui social una lista con dieci suggerimenti per  trascorrere le giornate nonostante il Coronavirus e spendere soldi (facendo due conti si tratta di un quantitativo che una partita iva media non disponeva nemmeno prima del Coronavirus figuriamoci adesso).

Zaia

E come dimenticare l’8 marzo – solo 13 giorni fa – quando Zaia, Presidente della Regione Veneto dichiarava: “No zona rossa veneto. Noi continuiamo a dire che vogliamo che le nostre tre province escano da questa idea di zona rossa, rispettiamo le regole però non vogliamo avere tre province dentro sulla base di quella classificazione”. Ieri in conferenza stampa ha affermato che Verona è il nuovo cluster.

Potrei continuare all’infinito. E, se è vero che non possiamo cambiare il passato, è anche vero che forse potremmo tentare di intervenire adesso per migliorare il futuro.

E nell’attesa viviamo attaccati ai social aspettando le news del giorno. Qui si va in bagno per una doccia e appena esci sono arrivate tre nuove ordinanze, due smentite, qualche j’accuse e un paio di bollettini. Senza dimenticare le Faq del Ministero che “chiariscono” i dubbi generati dalla loro stessa non chiarezza.

Forse i nostri politici non si sono resi conto in tempo del pericolo. Bene, così è successo anche alla popolazione. Per la prima categoria di tratta di un peccato è veniale, per la seconda evidentemente no.

Come dicevo prima, mi colpisce particolarmente la reazione della gente sui social. Vicini cecchini, fotografie in primo piano di persone in metropolitana, video inviati ovunque e urli dai balconi di casa, condivisioni sui social di fotografie di persone per strada. E scatta la gara a chi riesce a individuare più colpevoli.

Ora, capisco che si voglia contribuire al bene comune. Capisco che infastidisca chi fa la spesa 3 volte al giorno in fila per sei col resto di due ma, come dicevo prima c’è anche la gente che va a lavorare. Non tutti possono stare a casa, non tutti possono lavorare in smart.

Esistono le forze dell’Ordine per effettuare i controlli, le pagate, le paghiamo.
Ho visto qualcuno scrivere sui social, condividendo fotografie (nemmeno pixelate) scattate alle 7.00 del mattino in metropolitana:”Dove va questa gente?
Ma dove vuoi che vada questa gente alle 7.00 del mattino?
A lavorare. Vogliamo contribuire. Ok, ma facciamolo sempre con cognizione di causa. Non lasciamoci prendere dall’emotività.
La compressione della Costituzione e quindi delle libertà personali è giustificata e lecita (non lo lo dico io, cfr. intervista) in caso di emergenza e questo è ribadito nell’art. 16 della nostra Costituzione. Sempre citando l’articolo: “nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”. Stessa cosa vale per le riunioni. L’art. 17 cita in merito a queste ultime: “(…) possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Sarebbe un colpo di Stato vietare la circolazione se non ci fosse questa ragione. Viviamo una situazione di Stato di eccezione e non Stato di diritto (cfr. intervista).

Aggiungo però che sarebbe un grave colpo sfogare la rabbia di questi giorni tentando di farsi giustizia da soli. Mi rendo conto che noi italiani la giustizia l’abbiamo vista col binocolo e conviviamo con l’impunità, ma siamo e restiamo parte di una comunità e la dignità della persona non può essere messa in discussione.

Questo è un lutto per chi combatte in ospedale in primis e per chi sta perdendo i suoi cari ma non solo. Ha innescato una reazione a catena che coinvolge nuovamente i soggetti più vulnerabili della società. Il Paese si è fermato ma non la violenza sulle donne,  molte delle quali trovano che la loro casa sia tutto tranne che un luogo rassicurante; per le famiglie di persone con disabilità, gli anziani e coloro che vivevano il dramma della solitudine ancor prima del Covid-19, perché la solitudine, l’isolamento e la depressione esistevano anche prima.

Ma proprio perché la cosa interessa tutti, mi colpisce l’interesse nel segnalare gli altri, mi ricorda tutte quelle volte in cui, negli ultimi anni ho letto articoli di donne violentate per strada e nessuno si è fermato a prestare soccorso nonché l’omertà con la quale si giustifica chi non paga le tasse necessarie per finanziare la sanità italiana che non è gratuita, bensì pubblica. Solo che, questa volta, la cosa intacca l’orticello personale e allora via libera alle delazioni di massa.

Parimenti mi inquieta l’ingente numero di persone che inneggia all’odio e auspica la violenza fisica per chiudere la gente in casa.

convincere
Esempio di fotografia condivisa sui social. I commenti confermano che si tratta di un buon metodo.
odio
Video condiviso sui social in questi giorni. Persone urlano e sono rincorse da soggetti col manganello (fonte non verificata).  Tra i commenti (non di coloro che hanno condiviso il video bensì degli utenti) :”Anche qui in Italia dovremmo fare così”.

Legittimare la violenza fisica è il primo passo per legittimare tutto. Siamo sicuri che lo stiamo facendo per il bene comune o solo per il nostro bene? Oppure per rispondere all’esigenza di dare un nome e cognome al colpevole e proiettare su di lui tutta la nostra rabbia?

Il tempo per pensarci non ci manca, ovviamente.

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